La solitudine ๐ŸŒ

La solitudine qui intesa, non e’ quella contingente nella quale ciascuno puo’ trovarsi, per un tempo breve o lungo, in un periodo particolare della propria vita.

La solitudine qui intesa, e’ quella interiore che accompagna l’uomo per l’intera esistenza, e nonostante i piu’ cari e intensi affetti.

E’ noto in ambito psicologico che gia’ il bambino piccolissimo avverte questo tipo di solitudine, la sensazione ansiogena, ovvero la sensazione di essere intimamente “separato” dal tutto e persino dalla propria madre.

A motivo di cio’,  esiste, nella primissima infanzia,  il necessario  rapporto simbiotico  con la figura materna, riferimento  di vera e propria sopravvivenza psichica ~ Tale incidente rapporto ha esiti diversi secondo la conduzione di esso da parte della madre (la quale puo’ favorire o non favorire l’autonomia del piccolo), e pertanto puo' dare luogo ad un fisiologico rafforzamento, nel piccolo, della fiducia in se stesso e nel circostante,  o viceversa, puo' dare luogo ad una dipendenza che ne altera le future possibilita’.

Uscendo dall’ambito psicologico,  ed entrando in quello esistenziale dell’adulto,  si puo’ comprendere come la solitudine umana,  di ogni singolo uomo,  sia uno stato interiore di sofferenza,  piu’ o meno marcata,  a volte minima e sporadicamente avvertita,  secondo la sensibilita’ della persona,  e secondo  la  sua individuale  struttura di pensiero e psichica. 

Di fatto, ciascuno, nella vita e’, intimamente, del tutto SOLO. 

E’ solo nel suo sentire, e' solo nel suo esperire, e' solo nel suo sguardo sulle cose, e infine e' solo anche nel dover affrontare tale intima solitudine.     

E’ una solitudine che nessuno dall’esterno puo’ davvero raggiungere nell’animo dell’altro, se non percepirne ed intuirne una empatica vibrazione spirituale, cui eventualmente rispondere. 

L’uomo nasce individuo e solo ~ A tempo debito lascia il proprio corpo come un proprio abito in disuso, e, in quanto anima, in quanto frammento spirituale di un Tutto, sembra destinato,  dopo una vita o dopo piu’ vite,  a riunirsi ad Esso,  a ricomporsi con l’Infinito . 

Il dramma dell’uomo  non e’ nella sua eventuale solitudine terrena, affettiva, esistenziale. 

E’ piuttosto nella ferita della sua inappellabile solitudine interiore,  che lo separa dalla realta’ sconosciuta cosรฌ come un navigante  e’ separato senza risoluzione e con angoscia dalla riva invisibile.   

In questo senso di separatezza, di individualita’ non surrogabile, netta,  l’uomo ha cercato, e cerca, il suo mistero. 

In tale umana istanza si sono inserite tutte le religioni, le ideologie, le dottrine e persino le mode.

Ma per ottenere un approdo che non sia un naufragio, l’uomo deve necessariamente passare attraverso se stesso, fare il tentativo ineluttabile di trovarsi, ed estrarsi il piu’ possibile  dalle acque dell’inconscio, per affacciarsi al di sopra di esso e riconoscere in lontananza quella luce che costituisce il punto cardinale fondamentale di tutti i naviganti,  il freddo Nord, da cui partire per riprendere la navigazione.  

Se ha incontrato un buon compagno/a di viaggio tanto meglio. 

Ma non bisogna credere che l’importanza del vivere evolutivo sia nel numero delle persone vicine, e’ un mantra falso in cui molti sono stati portati a credere per il solito intento di massificazione.

L’importanza del vivere evolutivo e’ sempre nella qualita’ delle persone di cui si sceglie la prossimita’ , e la qualita’ va  intesa non come pregi gia’ acquisiti, ma come autentica disponibilita’ ad evolvere . ® ๐ŸŒ

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